Il conduttore può autoridursi unilateralmente il canone?
Gli obblighi del locatore sono contenuti nell’articolo 1575 c.c. il quale stabilisce quale primo obbligo che incombe sul locatore quello di consegnare la cosa locata in buono stato di manutenzione, quindi di provvedere alle riparazioni di sua spettanza.
Va, invece, tenuta distinta l’obbligazione di garanzia dei vizi contenuta nell’art. 1578 c.c. che invece interviene dove è alterato l’equilibrio delle prestazioni corrispettive e nel caso in cui sia in discussione la idoneità o meno della cosa locata all’uso convenuto. È vizio tutto ciò che non consente di godere appieno del bene concesso in locazione, purché ciò non derivi dal normale uso dell’immobile
Pertanto, non possano essere ricompresi tra i vizi quei guasti o deterioramenti dell’immobile dovuti alla naturale usura, all’effetto del tempo ovvero ad accadimenti accidentali, eliminabili attraverso opere di semplice riparazione e come tali a carico del locatore ex art. 1576 c.c. prima parte del primo comma
Per vizi della cosa locata devono intendersi, quindi, quei difetti che, incidendo sulla struttura materiale del bene ed alterandone l’integrità, minano concretamente il godimento del bene in modo tale da impedirlo o diminuirlo sensibilmente, alterando così l’equilibrio delle prestazioni corrispettive.
I rimedi previsti in tali ipotesi a favore del conduttore sono solo la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo, restando esclusa l’esperibilità dell’azione di esatto adempimento, non potendosi configurare in presenza di tali vizi intrinseci e strutturali, un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ex art. 1575 c.c..
Il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati da vizi della cosa, se non prova di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna, sempre che i vizi della cosa locata erano, al momento della stipulazione, sconosciuti e non facilmente riconoscibili dal conduttore.
L’art. 1578 c.c. tutela il conduttore che dovrebbe subire le conseguenze di un vizio manifestatosi successivamente alla stipulazione del contratto e da lui non conosciuto al momento della stipulazione.
Nel caso in cui, pertanto, l’immobile locato già al momento della consegna presenti vizi talmente gravi da diminuirne in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, purché non si tratti di vizi conosciuti o facilmente conoscibili, è data facoltà al conduttore di scegliere tra la risoluzione del contratto e una riduzione del corrispettivo.
Allorquando invece il conduttore, all’atto della stipulazione del contratto di locazione, non abbia denunziato i difetti della cosa da lui conosciuti o facilmente riconoscibili, deve ritenersi che abbia implicitamente rinunziato a farli valere, accettando la cosa nello stato in cui risultava al momento della consegna, e non può, pertanto, chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone, né il risarcimento del danno o l’esatto adempimento, né avvalersi dell’eccezione di cui all’art. 1460 c.c. (poiché non si può escludere che il conduttore ritenga di realizzare i suoi interessi accollandosi l’onere delle spese necessarie per adeguare l’immobile locato all’uso convenuto, in cambio di un canone inferiore rispetto a quello richiesto in condizioni di perfetta idoneità del bene al predetto uso).
Eccezione di inadempimento
L’articolo 1460 del codice civile stabilisce che nei contratti con prestazioni corrispettive ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione se l’altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria.
In un rapporto di durata, quale quello di locazione, non è conforme a buona fede la sospensione radicale del pagamento del canone.
In tema di locazione di immobili il pagamento del canone di locazione costituisce la principale e fondamentale obbligazione del conduttore, al quale non è consentito astenersi dal versare il corrispettivo o di determinare unilateralmente il canone nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione del godimento del bene anche quando si assuma che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore e ciò perché la sospensione totale o parziale dell’adempimento di detta obbligazione ai sensi dell’art. 1460 c.c. è legittima soltanto quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte.
I vizi di cui può legittimamente dolersi il conduttore – idonei a giustificare una domanda di risoluzione del contratto – sono soltanto quelli che alterano l’integrità del bene di che trattasi in modo tale da impedirne e/o notevolmente ridurne il godimento.
Il principio inadimplenti non est adimplendum, previsto dall’art. 1460 c.c., ai sensi del quale risulta giustificato il rifiuto del contraente di adempiere la propria prestazione, se la controparte non abbia adempiuto o non offra di adempiere la propria, è destinato ad assumere delle peculiari sfumature nell’ambito del rapporto locatizio.
In particolare, al conduttore non è consentito di astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente, nei casi in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, e ciò anche quando si assume che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore, atteso che la sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti (Per tutte: Cassazione n. 26540/2014).
Poiché la locazione si caratterizza per il trasferimento iniziale della res locata al conduttore in modo permanente, il principio si applica anche al locatore con la conseguenza che, anche nel caso in cui il conduttore non adempia alla propria obbligazione principale di pagamento del canone convenuto, continua comunque a godere del bene, poiché il locatore non può unilateralmente impedire il godimento in virtù dell’art. 1460, attraverso la sospensione della propria prestazione corrispettiva, essendo necessario, per ottenere tale risultato, adire l’autorità giudiziaria.
Soltanto la totale mancanza della controprestazione del locatore può costituire un inadempimento grave, tale da alterare il sinallagma contrattuale e da giustificare il comportamento di autotutela del conduttore. Pertanto, solo il giudice potrà valutare l’importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti e decidere eventualmente se riconoscere la fondatezza della richiesta di risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo
Considerazioni conclusive
L’exceptio non rite adimpleti contractus quale principio di autotutela di cui all’art. 1460 c.c. è applicabile anche al contratto di locazione, postulando la proporzionalità dei rispettivi inadempimenti da accertarsi, insindacabilmente a opera del giudice, attraverso la comparazione dei comportamenti delle parti.
Non può pertanto riconoscersi al conduttore alcuna possibilità di farsi giustizia da sé: tale comportamento sarebbe suscettibile di gravi conseguenze quali la risoluzione per inadempimento. Così, nel caso di inadempimento del locatore alle obbligazioni poste a suo carico, non resta al conduttore che promuovere un giudizio al fine di essere legittimato a sospendere o ridurre il canone.