Vizi costruttivi nelle parti comuni

Vizi costruttivi nelle parti comuni

Non di rado (soprattutto in epoca recente) gli acquirenti di immobili di nuova costruzione lamentano la presenza di difetti costruttivi, tanto nei propri immobili, quanto nelle parti comuni dell’intero fabbricato.

Esempio emblematico sono i fenomeni di umidità che possono interessare anche parti comuni ove normalmente fenomeni di condensazione e/o risalita non dovrebbero svilupparsi.

Il più delle volte la causa viene individuata in un vizio costruttivo relativo all’insufficiente o imperito isolamento termico.

Natura del vizio

La giurisprudenza ha già chiarito come tali vizi debbano rientrare nella nozione dei gravi difetti, poiché, pur non incidendo sulla statica delle strutture dell’immobile, pregiudicano in modo grave la funzione cui questo è destinato, quali, per esempio, l’inidonea coibentazione termica delle parti comuni che determini umidità negli alloggi, nociva sia alle persone, sia agli arredi e agli indumenti.

Così, non vi è dubbio che si possa parlare di gravi difetti per fenomeni di condensazione dovuti per esempio a ponti termici, generati dalla composizione non omogenea della parete esterna, che lasciano passare più o meno calore a seconda che vi sia del cemento o del semplice laterizio, con conseguente formazione di vistose macchie di umidità lungo le pareti degli appartamenti e in corrispondenza degli elementi strutturali verticali (pilastri) e orizzontali (travi) in cemento armato.

Tali alterazioni del giusto tasso di umidità interna sono, infatti, capaci di incidere in maniera immediata e diretta sulla salubrità degli ambienti, la quale, a sua volta, costituisce un parametro primario per valutare l’idoneità del bene alla destinazione abitativa. 

La tutela predisposta dalla legge per simili situazioni è disciplinata dall’art. 1669 c.c., che prevede la responsabilità del costruttore unitamente a quella di tutti coloro che hanno partecipato alla costruzione (o integrale ristrutturazione) dell’edificio in questione (Direttore Lavori, Progettista, Sub-appaltatori ecc.).

La Suprema Corte ha ripetutamente affermato che: “L’ipotesi di responsabilità regolata dall’art. 1669 cod. civ. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura extracontrattuale e conseguentemente nella stessa possono incorrere, a titolo di concorso con l’appaltatore che abbia costruito un fabbricato minato da gravi difetti di costruzione, tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell’opera, abbiano contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o il direttore dei lavori), alla determinazione dell’evento dannoso, costituito dall’insorgenza dei vizi in questione” (Cassaz. N. 17874/2013)

Azione giudiziale

A fronte di tali problematiche si impone un’azione di responsabilità per gravi difetti nei confronti del costruttore e degli altri soggetti che hanno partecipato alla realizzazione dell’opera, cui è abilitato (oltre ai condomini) anche l’amministratore del condominio, a norma degli artt. 1130, n. 4, e 1131, comma 1, cod. civ., non essendo, pertanto, necessaria una delibera autorizzativa della collettività condominiale.

La disposizione del n. 4 dell’art. 1130 cod. civ., infatti, va interpretata estensivamente e, pertanto, l’amministratore può e deve attivarsi, oltre che per le misure cautelari, anche per tutti gli atti diretti a conservare l’esistenza delle parti comuni.

L’amministratore risulta, dunque, legittimato a proporre l’azione di cui all’art. 1669 cod. civ. contro l’appaltatore diretta a rimuovere i gravi difetti della costruzione che possano porre in pericolo la sicurezza dell’edificio condominiale.

L’azione è esperibile entro 1 anno dalla denuncia, che deve essere effettuata entro 1 anno dalla scoperta del vizio, che deve a sua volta essere riscontrato entro 10 anni dalla realizzazione dell’opera.

Quanto alla scoperta del vizio la giurisprudenza si è ormai consolidata sull’orientamento secondo il quale: “In tema di garanzia per gravi difetti dell’opera ai sensi dell’articolo 1669 c.c., il termine per la relativa denunzia non inizia a decorrere finché il committente non abbia conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata la gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo (Corte di Cassazione, III° Sezione Civile, Sentenza 8 maggio 2014, n. 9966).

Tale momento può senza dubbio corrispondere anche alla data di deposito di un accertamento tecnico preventivo esperito in sede giudiziale.

L’art. 1669 cod. civ., inoltre, riferendosi genericamente alla responsabilità dell’appaltatore, senza precisare le forme nelle quali il danno debba essere risarcito, ha inteso richiamare il principio generale secondo il quale, nei limiti stabiliti dall’art. 2058 cod. civ., il risarcimento può essere disposto in forma specifica o, per essere venuto meno il rapporto fiduciario che legava il condominio all’appaltatore, per equivalente pecuniario.

Opportunità dell’azione di responsabilità ex art. 1669 c.c.

Riflettendo sull’opportunità di attivare l’azione in questione, è di capitale importanza evidenziare come, qualora l’umidità  delle parti comuni (per tornare all’esempio di cui sopra) sia causa di danni a un singolo condomino o a un ristretto gruppo di condomini, il condominio è responsabile in via autonoma nei loro confronti ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. 

L’applicabilità di tale norma si giustifica in relazione alla ricollegabilità di quei danni all’inosservanza da parte del condominio dell’obbligo di provvedere quale custode a eliminare le caratteristiche dannose della cosa. 

Si può quindi affermare che non si tratta di una responsabilità a titolo derivativo, bensì di un’autonoma fonte di responsabilità ex art. 2051 cod. civ. che ricorre anche se il danno risulta causato da anomalie o vizi insorti nella cosa prima dell’inizio del rapporto di custodia. 
In altre parole, il condominio, pur successore a titolo particolare del costruttore-venditore, non subentra nella sua personale responsabilità, legata alla sua specifica attività e fondata sull’art. 1669 cod. civ. 

Il condominio, quindi, è responsabile, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., per i danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dalle parti comuni anche se gli stessi sono causati da gravi difetti di costruzione imputabili all’impresa. 

Appare, dunque, scontata l’opportunità di attivarsi tempestivamente nei confronti del costruttore, onde evitare l’aggravarsi del proprio danno e la relativa spesa per il ripristino e plurime azioni di risarcimento dei condomini danneggiati nei confronti del condominio, il quale non potrà più chiamare a man leva i veri responsabili dei difetti di costruzione, qualora fossero trascorsi infruttuosamente i suindicati termini di prescrizione per l’azione.

Articoli correlati