Procedimento di accertamento tecnico preventivo
Il procedimento di accertamento tecnico preventivo previsto dall’art. 696 del codice di procedura civile viene spesso utilizzato in campo immobiliare, poiché ha come precipuo scopo quello di verificare, con urgenza, lo stato dei luoghi, l’eventuale causa dei danni eventualmente presenti e la valutazione dei danni stessi.
Pensiamo, ad esempio, ad un’azione di garanzia per vizi costruttivi che un acquirente può svolgere nei confronti del costruttore-venditore; oppure ad un’azione di risarcimento per danni subiti da un vicino; o ancora ad un’azione di risarcimento che un proprietario può svolgere nei confronti dell’impresa che ha eseguito opere nella sua proprietà.
Il procedimento
Dopo il deposito del ricorso presso l’Autorità Giudiziaria competente, quest’ultima fissa l’udienza di comparizione delle parti, onerando il ricorrente di provvedere alla notifica del ricorso e del provvedimento di fissazione d’udienza ai soggetti che il ricorrente intende chiamare ed al Consulente d’Ufficio, ovvero il tecnico nominato dal Giudice, al quale lo stesso porrà i quesiti ritenuti più opportuni ai fini dell’accertamento richiesti dal ricorrente.
All’udienza di comparizione, infatti, il Giudice, unitamente alle parti costituite discutono sui quesiti che le parti ritengono più pertinenti i fini del procedimento ed il Consulente d’Ufficio deve comunicare l’eventuale accettazione dell’incarico e le tempistiche con le quali prevede di svolgere l’incarico.
Sino all’inizio delle operazioni peritali, le parti hanno diritto di nominare i propri Consulenti di Parte, la cui funzione è quella di effettuare con il Consulente d’Ufficio tutte e operazioni in contraddittorio, illustrando allo stesso le argomentazioni tecniche dei propri assistiti.
Dopo tale udienza (salvo eventualità particolari) si apre la fase tecnica, ovvero la fase gestita dal Consulente d’Ufficio durante la quale lo stesso unitamente ai Consulenti di Parte e spesso alle parti stesse, effettua sopralluoghi, sondaggi, prove tecniche e studi presso il proprio ufficio.
Esaurite tali operazioni, il Consulente d’Ufficio redige una bozza di perizia che invia alle parti, rispetto alla quale i Consulenti di Parte effettuano le proprie osservazioni.
Il procedimento termina con il deposito della relazione finale del Consulente d’Ufficio, nella quale lo stesso risponde ai quesiti posti da Giudice ed anche alle osservazioni dei Consulenti di Parte.
Pertanto, rispetto ad un Giudizio, la differenza più evidente del procedimento in esame è che lo stesso non termina con un provvedimento giudiziale (es. una condanna od il rigetto della domanda) ma unicamente con il deposito di una perizia. Conseguentemente, non vi sarà alcuna condanna alla rifusione di spese legali, ma ogni parte dovrà sostenere le spese del proprio avvocato del proprio tecnico (oltre alla spese del Consulente d’Ufficio).
I vantaggi
Nonostante, il procedimento termini con una perizia e non con una condanna, l’Accertamento Tecnico Preventivo ha senza dubbio diversi vantaggi.
Il primo vantaggio è quello di poter ottenere una “fotografia” dei luoghi molto velocemente, poiché, a differenza delle tempistiche di una causa ordinaria (che di norma non termina mai prima di un paio d’anni), in pochi mesi si è in grado di ottenere una perizia redatta da un Consulente super partes, nominato dal Giudice.
Di norma la prima udienza viene fissata entro un paio di mesi dal deposito del ricorso e la perizia viene a sua volta depositata dopo circa quattro mesi dall’udienza di comparizione.
Pertanto, il tempo stimabile per un ATP si aggira dai sei agli otto mesi.
Tale vantaggio si concreta nella possibilità per la parte di poter modificare i luoghi successivamente all’accertamento, avendo già ottenuto un’indagine approfondita degli stessi (pensiamo, per esempio, alla possibilità di effettuare interventi di ripristino il cui ritardo aggraverebbero danni già presenti in un edificio).
Altro vantaggio del procedimento de quo è la possibilità che le parti possano trovare una conciliazione, tentativo che spesso viene specificatamente richiesto dal Giudice al momento dell’incarico stesso.
Il Consulente d’Ufficio, infatti, esaminata la situazione ed avendo un quadro così più completo, è agevolato anche nel tentativo di avvicinare le pretese delle rispettive parti.
La possibilità di conciliare la vertenza permane anche dopo il deposito della relazione finale, poiché la perizia del Consulente d’Ufficio potrà essere utilizzata dalla parte che la riterrà conforme alla propria tesi in un eventuale successivo giudizio. Diversamente, la parte che ha visto disattendere la propria tesi dal Consulente d’Ufficio potrà evitare l’eventuale successivo giudizio di merito (già parzialmente compromesso da una perizia richiesta dall’Autorità Giudiziaria) trovando un componimento transattivo della vertenza.
L’efficacia dell’ATP nel giudizio di merito
Come anticipato, la relazione finale può svolgere il ruolo di prova all’interno dell’eventuale causa ordinaria che potrebbe essere azionata dalla parte dopo il Procedimento di Accertamento Tecnico Preventivo (è il caso, per esempio, del proprietario che ottenuto l’accertamento della presenza d i vizi costruttivi nel proprio immobile, chieda successivamente al Giudice la condanna del costruttore al risarcimento dei danni).
L’efficacia dell’ATP è, peraltro, molto estesa, tenuto conto di quanto più volte ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione: “Il Giudice di merito può utilizzare, in mancanza di qualsiasi divieto di legge, anche prove raccolte in un diverso giudizio fra le stesse e anche altre parti, come qualsiasi altra produzione delle parti stesse, al fine di trarne non solo semplici indizi o elementi di convincimento, ma anche di attribuire loro valore di prova esclusiva, il che vale anche per una perizia svolta in sede penale o una consulenza tecnica svolta in altre sedi civili” (Cass. 8585/1999; Cass. 15714/2010; Cass. 9843/2014; conformi: Corte di Cassazione III Sezione Civile Sentenza n.9242 del 6 maggio 2016; Cassaz. sez. lav. 28855 del 5.12.2008 Cass. n. 5013/1996; 1999/8585; 2001/5682; 2002/3102; 2003/244 ).
Pertanto, l’efficacia probatoria della relazione finale ben potrà essere utilizzata dalla parte che la riterrà utile anche in giudizi differenti e con soggetti che non hanno partecipato al procedimento stesso.