Il preliminare di un immobile abusivo non è nullo
Che succede se un proprietario stipula un preliminare di vendita e poi si accorge che il proprio immobile non è urbanisticamente in regola?
L’orientamento maggioritario della Suprema Corte di Cassazione sembra sia del parere che l’accordo preliminare non sia affetto da nullità (a differenza di quanto accade nella maggior parte dei casi relativamente al contratto definitivo di compravendita).
Un recentissimo arresto della Corte di Cassazione conferma come “Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non vi è ragione di discostarsi, la sanzione della nullità prevista dall’art. 40 l. 47/1985, con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necessaria concessione edificatoria, trova applicazione nei soli contratti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quali il preliminare di vendita, ben potendo essere resa la dichiarazione o prodotta la documentazione relative alla regolarità dell’edificazione, all’eventuale concessione in sanatoria o alla domanda di oblazione e ai relativi primi due versamenti, all’atto della stipulazione del definitivo contratto traslativo, ovvero in corso di giudizio e prima della pronuncia della sentenza ex art. 2932, che tiene luogo di tale contratto” (Cassazione del 9 maggio 2016 n. 2016).
Pertanto, La Corte di Legittimità, in conformità con i propri precedenti giurisprudenziali, conferma quanto in effetti deriva dalla normativa in esame, ovvero che solo gli atti ad effetti reali risultano nulli e non anche il preliminare di vendita, avendo, come noto, solo effetti obbligatori.
Numerosi, infatti, risultano essere i precedenti conformi a tale orientamento (Cass. Civ. n. 24852/2015; Cass. Civ. n. 8081/2014; Cass. Civ., 20714/2012; Cass. Civ. n. 9849/2007; Cass. Civ., Sez. Un., 18 maggio 2006, n. 11624; Cass. Civ. n. 27129/2006; Cass. Civ. n. 14489/2005; Cass. Civ. n. 6018/1999).
Non mancano però voci fuori dal coro.
La stessa Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 2359 del 17 ottobre 2013, in contrasto con il su citato orientamento, perveniva alla seguente statuizione: “Il fatto che l’art. 40, secondo comma, cit., faccia riferimento agli atti di trasferimento, cioè agli atti che hanno una efficacia reale immediata, mentre il contratto preliminare di cui si discute abbia efficacia semplicemente obbligatoria non elimina dal punto di vista logico che non può essere valido il contratto preliminare il quale abbia ad oggetto la stipulazione di un contratto nullo per contrarietà alla legge”, sancendo così anche per il contratto preliminare la stessa sanzione di nullità al pari di quella prevista per il contratto definitivo.
A ben leggere il principio sotteso a tale pronuncia, ne perviene che il contratto preliminare sarebbe nullo, poiché avente ad oggetto un futuro contratto nullo (ovvero quello definitivo).
Ad avviso dello scrivente tale evenienza (ovvero la certa nullità del contratto di compravendita definitivo, che porterebbe a ritenere il preliminare dunque nullo) potrebbe eventualmente concernere unicamente contratti avente ad oggetto immobili insanabili. Diversamente, infatti, un contratto preliminare avente ad oggetto un immobile non in regola, ma sanabile, non potrebbe ritenersi avere ad oggetto un contratto irrimediabilmente nullo, poiché a seguito della sanatoria anche il contratto definitivo sarebbe perfettamente valido.
Pertanto, anche in conformità di questo orientamento più restrittivo, il preliminare di un immobile non in regola dal punto di vista urbanistico ben potrebbe essere perfettamente valido.
A conforto di tale interpretazione, soccorre anche la stessa Giurisprudenza di Legittimità laddove non sancisce alcuna nullità nemmeno per il contratto definitivo di compravendita avente ad oggetto un immobile solo parzialmente abusivo, ribadendo un consolidato orientamento Giurisprudenziale che statuisce “Nel caso in cui, invece, l’immobile, munito di regolare concessione e di permesso di abitabilità, non annullati né revocati, abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione (nella specie, per la presenza di un aumento, non consistente, della volumetria fuori terra realizzata, non risolventesi in un organismo integralmente diverso o autonomamente utilizzabile), non sussiste alcuna preclusione all’emanazione della sentenza costitutiva, perché il corrispondente negozio di trasferimento non sarebbe nullo” (Cass. Civ. n. 24852/2015 – conformi: Cass. Civ. n. 8081/2014; Cass. Civ. n. 20258 del 18/09/2009).
In ogni caso, vale la pena di evidenziare come l’arresto del 2013 rimanga un caso piuttosto isolato ed è di fatti stato fortemente criticato dalla Dottrina e sin da subito sconfessato dalla stessa Giurisprudenza di Legittimità tramite le su citate pronunce.